Annabelle 3 – Recensione

La bambola demoniaca Annabelle si trova in una teca di vetro custodita nella casa dei demonologi Ed e Lorraine Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga), che hanno espressamente vietato alla figlia Judy (McKenna Grace) di avvicinarsi. Daniela (Katie Sarife), amica della sua babysitter Mary Ellen (Madison Iseman) entra nella stanza. È spinta dal desiderio di mettersi in contatto con il padre scomparso in un incidente, provocato da lei stessa. Inconsapevolmente, risveglia Annabelle e gli spiriti maligni nella stanza.

“Annabelle comes home”

“Annabelle 3” è il terzo spin-off con la bambola posseduta, una dei protagonisti dell’universo di “The Conjuring” di James Wan, cominciato con “L’evocazione – The Conjuring” e “The Conjuring – Il caso Enfield”, che si è allargato a “The Nun – La vocazione del male” e “La Llorona – Le lacrime del male”.
Come negli altri film, anche il terzo capitolo della saga di “Annabelle” è caratterizzato da un’attenzione quasi maniacale per la ricostruzione storica e scenografica dell’epoca, tra dischi in vinile e programmi tv. Alla regia c’è, per la prima volta, lo sceneggiatore Gary Dauberman che garantisce una narrazione molto dinamica ma che non spaventa fino in fondo. Con una strizzata d’occhio agli adolescenti – target privilegiato del film che riesce a superare anche il vaglio della censura ai minori di 14 anni – “Annabelle 3” oltrepassa il genere horror per toccare diversi temi, dal primo amore al bullismo, dall’elaborazione del lutto alle bravate di gioventù.
A differenza del passato, i coniugi Warren si vedono poco: l’attenzione è concentrata sulla figlia Judy e la sua babysitter, un cliché degli horror ambientati in un unico luogo e nel corso di una notte, proprio come “Annabelle 3”. Le ragazze sono intrappolate dallo spirito maligno e non riescono a uscire: dopo una prima parte forse un po’ troppo lenta e caratterizzata da poche emozioni, la casa infestata viene presa di mira da un intero circo di personaggi tipici dei film dell’orrore (lupi mannari, spose assassine, traghettatori di cadaveri e giochi da tavola che prendono vita). Ma la protagonista indiscussa è proprio lei, Annabelle, che molto probabilmente non resterà chiusa a lungo nella sua teca. Lunga vita al franchise, anche se i fasti del passato sono lontani…

Il primo “Annabelle”

Per raccontare la storia di “Annabelle”, la bambola posseduta che chiede un’anima alle proprie vittime, ritorniamo al 1967. Una giovane coppia di sposi, Mia e John, sono in attesa di una bambina e stanno arredando la sua cameretta., dove trova posto l’ennesima bambola. Una notte, i vicini di casa vengono aggrediti e uccisi da una coppia di criminali. Uno dei due viene ucciso, ma l’altra si nasconde nella cameretta della futura bambina per suicidarsi. Dopo aver tracciato col sangue un simbolo evocativo sul muro, muore tenendo in braccio la bambola. Si tratta di Annabelle Higgins, figlia dei vicini di casa, che si era unita a una setta satanica. Da quel momento, nell’appartamento di Mia e John, si verificano episodi inquietanti, fino all’epilogo finale. In un negozio di antiquariato, una donna decide di acquistare la bambola da regalare alla propria figlia infermiera.

“Annabelle 2: Creation”

“Annabelle 2: Creation” racconta la nascita della leggenda della bambola demoniaca. Nel 1943, l’artigiano Samuel Mullins produce delle meravigliose bambole ad edizione limitata. Samuel resta con l’auto in panne e, mentre cerca di ripararla, gli sfugge un bullone. Sua figlia Annabelle si china a raccoglierlo, ma un’altra auto la investe e la uccide sul colpo. Anni dopo, Samuel e sua moglie Esther ospitano alcune ragazze di un orfanotrofio. Janice si avventura nella vecchia cameretta di Annabelle, dove apre un armadio al cui interno è custodita una bambola inquietante. Da quel momento iniziano a succedere strani avvenimenti e lo spirito demoniaco di Annabelle si impossessa del corpo di Janice. Dopo aver commesso altri omicidi, Janice si rifugia in un altro orfanotrofio, dove finirà per essere adottata dai coniugi Higgins.

Monica Scillia