Arrival – Recensione

Dodici astronavi extraterrestri appaiono in diversi Paesi della terra, apparentemente senza alcuna intenzione ostile. La linguista Louise Banks (Amy Adams) e lo scienziato Ian Donnelly (Jeremy Renner) vengono reclutati dal colonnello Weber (Forest Whitaker) per comunicare con gli alieni dell’astronave sbarcata negli Stati Uniti e per comprendere le loro intenzioni. Mentre la Cina e la Russia sono intenzionate ad attaccare gli “eptapodi”, Louise e Ian “imparano” la lingua scritta degli alieni.

Chi si aspetta un invasion-movie alla “Independence Day”, resterà piacevolmente sorpreso dall’ultima pellicola di Denis Villeneuve (talentuoso regista canadese, attualmente al lavoro sul sequel di “Blade Runner”), tratta da “Storie della tua vita” dello scrittore Ted Chiang. In “Arrival”, l’alieno non rappresenta il nemico da combattere, ma una nuova specie con cui entrare in contatto: la bravissima Amy Adams si avvicina agli eptapodi con timore, per poi restarne affascinata e stringere un rapporto che ricorda quello della piccola Drew Barrymore con “E.T. l’extra-terrestre” di Steven Spielberg.

La trama è circolare, proprio come i simboli disegnati dagli eptapodi, e si snoda attraverso flashback (?) sulla vita di Louise con la figlioletta Hannah, scomparsa a causa di una malattia, in cui passato e futuro si intrecciano come in “Interstellar” di Christopher Nolan. A dispetto dei “soliti” film di fantascienza, il ruolo della scienza appare ridimensionato, mentre la comunicazione e la scrittura diventano fondamentali: l’idea di fondo che guida la linguista Louise è che il modo di esprimersi determini il modo di pensare (la celebre ipotesi di Sapir-Whorf) e la sua battaglia è dimostrare che non sempre quello che è sconosciuto o straniero è ostile. Con una narrazione semplice e comprensibile, una sceneggiatura originale e una fotografia molto ricercata, “Arrival” affascina lo spettatore – dal momento dell’incontro di Louise con gli alieni e fino al colpo di scena finale – e rivoluziona i clichè degli sci-fi.

 

Monica Scillia