Ben is back – Recensione

La mattina della vigilia di Natale, il diciannovenne Ben Burns (Lucas Hedges), in comunità da diverse settimane per disintossicarsi dalla droga, torna inaspettatamente dalla sua famiglia: sua madre Holly (Julia Roberts) è entusiasta che la famiglia si sia riunita, anche se dubita del fatto che Ben riesca a rimanere pulito, mentre sua sorella Ivy (Kathryn Newton) e il patrigno Neal (Courtney B. Vance) sono diffidenti e temono che Ben possa devastare le loro vite come ha fatto tante volte in passato. Quando la famiglia torna dalla messa di Natale, scopre che la loro casa è stata saccheggiata e il cane è sparito. Ben e sua madre cercano di ritrovarlo e, durante la notte, Holly farà di tutto per tenere suo figlio al sicuro.
Julia Roberts is back! L’attrice premio Oscar interpreta una straordinaria madre coraggio in “Ben is back”, la pellicola dello sceneggiatore e regista Peter Hedges (che ha conquistato il Premio Speciale della Giuria di Alice nella Città), in sala dal 20 dicembre. Il film ha una trama semplice e si svolge nel corso di una sola giornata, ma è un dramma profondo ed emozionante, che avvolge lo spettatore fin dai primi minuti.
Una performance trionfale per Julia Roberts, probabilmente una delle migliori della sua carriera (vedi la scena al centro commerciale, in cui sputa tutto il suo veleno sull’anziano medico che, prescrivendo un antidolorifico a Ben, ha dato il via alla sua dipendenza). La sua Holly costringe il pubblico a mettersi nei panni di un genitore che farebbe qualsiasi cosa per aiutare il proprio figlio. Fenomenale anche Lucas Hedges, astro nascente di Hollywood e protagonista di ben due pellicole candidate all’Oscar (strepitosa la sua interpretazione di un adolescente gay sottoposto alla terapia di conversione in “Boy Erased”).
Hedges padre – che ha sempre raccontato storie avvincenti e complesse su famiglie imperfette, da “Buon compleanno Mr. Grape” a “About a Boy” – riesce ad amalgamare con fluidità un cast stellare e fa in modo che “Ben is back” si sviluppi ad un ritmo costante, mentre la fotografia di Stuart Dryburgh – che fa un uso massiccio dei primi piani e delle riprese a mano – serve ad amplificare il lato drammatico dei personaggi.

Monica Scillia