C’era una volta a… Hollywood – Recensione

Once Upon a Time… Non poteva avere un titolo più azzeccato “C’era una volta a… Hollywood”, l’ultimo film di Quentin Tarantino, il nono per l’esattezza. Presentato in anteprima al Festival di Cannes, nel maggio scorso, la pellicola ha il titolo di una fiaba e come tale va vista.

Il film è ambientato nella Los Angeles del 1969, un anno di profondo cambiamento per il cinema, ma non solo. L’attore Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), protagonista della popolare serie televisiva western “Bounty Law”, e la sua storica controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) cercano di farsi strada in una Hollywood che ormai non riconoscono più. Nel frattempo gli Usa vivono momenti di cambiamento e sconvolgimento. Un momento delicato che anche i due protagonisti dovranno affrontare, e lo faranno a modo loro.

Per raccontare questa fiaba, Tarantino utilizza diverse linee narrative, con l’obiettivo dichiarato di omaggiare un cinema che stava scomparendo e offrire un tributo all’ultimo periodo dell’età d’oro di Hollywood. Per farlo il regista ricostruisce quell’epoca minuziosamente, dai costumi alle luoghi, dagli oggetti alle suggestioni. E ancora la colonna sonora che, come raccontato a “Rolling Stone” non include “nessuna canzone uscita dopo il 1969”. Fino a personaggi e situazioni vere che si mescolano con la finzione: Rick Dalton vive sulle colline di Bel-Air, in Cielo Drive, a pochi metri dalla lussuosa villa di Roman Polański e Sharon Tate, teatro dell’eccidio ad opera di alcuni membri della Manson Family. La stessa comune hippie vive allo Spahn Ranch, un ranch cinematografico abbandonato, che i protagonisti ben conoscono. Con un’estrema cura nei dettagli, nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi, Tarantino ricostruisce un’epoca, uno stile di vita, un mondo che non tornerà più, con un velo di malinconia e lo sguardo pungente e ironico che lo contraddistingue.

La scelta del cast “stellare”, poi, fa il resto. Leonardo DiCaprio e Brad Pitt interpretano due facce della stessa medaglia: inseparabili e complementari. Chi è riuscito ad emergere, diventando protagonista nella vita e sul set, e chi ha vissuto e vive dietro le quinte, sempre vigile e pronto a intervenire. DiCaprio nei panni dell’attore che prova a tornare alla ribalta è efficace e mai scontato. Brad Pitt sorprende nei nelle vesti del “duro” in camicia hawaiana. E poi una Margot Robbie che interpreta una Sharon Tate solare e spumeggiante, carica di voglia di vivere e energia. E ancora i numerosi personaggi secondari ma mai scontati, interpretati  da attori di primissimo piano: Al Pacino, Emile Hirsch, Margaret Qualley, Dakota Fanning, Bruce Dern, Kurt Russell, Zoë Bell, Damon Herriman e Luke Perry, alla sua ultima interpretazione prima della sua scomparsa nel marzo scorso. Ciascuno è al suo posto nell’enorme fiaba di Tarantino che, ancora una volta, omaggia il cinema, questa volta in maniera più esplicita attraverso la forma del metacinema, mescolando realtà e finzione, ricordi e presente, attraverso la sovrapposizione dei piani narrativi. Il tutto in un racconto estremamente dilatato, ricco di richiami, suggestioni, omaggi e citazioni, impossibili da elencare, che si snodano lungo i 160 minuti della pellicola.

 

Sonia Arpaia