Elle – Recensione

Michèle (Isabelle Huppert) è una lady di ferro: sembra che nulla possa sconvolgerla nè al lavoro (è a capo di una società di videogiochi), nè nella vita privata. Sola dopo la separazione dal marito, aiuta economicamente l’anziana madre – schiava del botox e con una passione per i toy-boy – e il figlio, un Peter Pan che lavora in un fast-food e sta cercando casa con la compagna incinta. Un giorno però la sua vita viene sconvolta da uno sconosciuto col passamontagna che si introduce in casa sua e la violenta. Michèle “accantona” l’episodio, ma lo sconosciuto si fa vivo di nuovo e tra i due comincia un gioco pericoloso.

“Elle” – tratto dal romanzo di Philippe Djian “Oh…” – è un capolavoro di perversione, che si apre con la scena brutale dello stupro della protagonista ma poi prende una direzione inaspettata: un gioco di ruolo abilmente diretto da Paul Verhoeven (regista di “Basic Instinct” e “Showgirls”, alle prese con il suo primo film in francese), con protagonista una straordinaria Isabelle Huppert, glaciale e feroce, che ha meritato la nomination agli Oscar come miglior attrice (e forse avrebbe dovuto anche agguantare la statuetta). “Elle” in realtà sono tre film in uno: è una commedia di costume che coinvolge il figlio di Michèle, la madre, l’ex marito e i loro compagni, con momenti brillanti come la cena di Natale. È un sofisticato thriller, con Michèle che cerca di scoprire chi è il suo stupratore. Ma soprattutto è un complesso ritratto psicologico di una donna fuori dal comune, interpretata da una magistrale Isabelle Huppert: se al suo posto ci fosse stata un’altra attrice, sicuramente il personaggio di Michèle non sarebbe stato cosi riuscito.

Monica Scillia