Prometheus di Eschilo: al Teatro Romano di Catania il dio punito per colpa degli uomini

Ha inaugurato l’Amenanos Festival, rassegna teatrale che si impegna a riportare le rappresentazioni classiche al bellissimo Teatro Romano di Catania. E difficilmente si sarebbe potuto scegliere un esordio più denso di questo Prometheus per il cartellone messo a punto dall’organizzatore Michele Di Dio, curatore della kermesse con la sua Associazione Culturale DiDe. La parabola di Eschilo, dio punito da Zeus per aver peccato di hybris donando agli uomini la civiltà e il fuoco, sembra ammiccare simbolicamente all’urgenza culturale di tendere a qualcosa di più elevato, come la riscoperta delle grandi tragedie e commedie degli autori classici che si sta cercando di operare nella città dell’Elefante.

Il cupo dramma dell’opera originale Prometeo incatenato ci mostra il protagonista (un magnifico Alessandro Albertin) realmente in catene e in gabbia per tutta la durata dello spettacolo. Suoi interlocutori, una serie di personaggi allegorici che cercheranno di mettere in discussione i suoi principi e non esiteranno a pontificare sulle sue scelte: le seguaci del dio Oceano, fluttuanti e ciarliere; la sacerdotessa Io (una bravissima Melania Giglio), anch’ella preda dalla vendetta di Zeus, rea di non aver ricambiato il suo amore; Hermes (Simone Ciampi), ironico e sprezzante messaggero degli dei.

Alla regia, l’impianto drammaturgico di Daniele Salvo, il cui curriculum vanta già importanti direzioni presso il Teatro Greco di Siracusa. Il suo tocco, essenziale ed efficace, riesce ad avvicinare lo spettatore alla tragedia divina resa però umanissima, sia da una recitazione che da una scenografia impeccabili.

La replica del 4 maggio, che ha potuto prendere luogo nonostante la minaccia di un cielo plumbeo, ha reso particolarmente giustizia allo sforzo produttivo di tutto l’entourage. Al momento degli applausi, un velo di amarezza ha però pervaso l’animo di chi scrive. Non si è trattato dello strascico emotivo (per quanto forte) della storia appena vista, ma di qualcosa di ancora più “reale”: la vista di un bellissimo teatro antico riempito dagli spettatori solo per poco più di metà. In una location così suggestiva e in occasione di una così bella tragedia classica, un siffatto scenario necessita di essere cambiato al più presto in favore della vista di una frequentazione piena e assidua, come avviene da tempo negli altri teatri classici della nostra splendida Isola.

Questo l’augurio più grande che possiamo fare a Michele Di Dio e al suo Amenanos Festival. Sperando che il fuoco del teatro classico possa tornare ad illuminare il desiderio culturale dell’utenza catanese (e non solo). E senza il timore di punizioni eccellenti dall’alto.

 

Gianluca Grisolia