Spider-Man Un nuovo universo – Recensione

Perché dovreste andare a vedere un film dell’Uomo Ragno, per di più un film d’animazione? Perché è fatto bene, perché la storia ti tira dentro ed è un caleidoscopio di situazioni già viste ma remiscelate al punto giusto, perché esce a Natale e vi potreste fare un regalo passando un paio d’ore in spensieratezza, se avete tra i 5 e i 555 anni.

E’ un nuovo capitolo dell’universo cinematico della Marvel, ma corre su binari completamente diversi: proprio l’essere un film di animazione gli consente qualcosa che difficilmente riesce a pellicole con attori in carne ossa e CGI. Mischiare mondi, storie ed universi come in passato si vedeva sulle pagine di carta dei fumetti, il primo palcoscenico dell’Uomo Ragno (scusate, ma non ce la faccio a chiamarlo Spider-Man per deformazione generazionale).

Si riparte da un nuovo universo – appunto – che è uno degli infiniti e possibili mondi che coesistono a fianco al nostro, in cui il protagonista interagisce però con altri “uomiragni” che vengono da altri universi paralleli: le vicende di Miles Morales, ragazzetto meticcio che all’inizio del film non ha né grandi poteri, né grandi responsabilità. Morto l’Uomo Ragno “originale” del suo universo (un Peter Parker biondo), le sue vicende si intrecceranno con quelle dell’Uomo Ragno classico (Peter Parker, ma con un po’ di pancetta e tanto cinismo in più) e di altri quattro coprotagonisti aracnidi: Spider-Gwen, la Gwen Stacy dell’universo alternativo in cui è lei ad essere dotata di poteri, Spider-Man Noir, che agisce in un universo in bianco e nero negli anni 30 del secolo passato, Peni Parker, altra adolescente, ma giapponese, che interagisce telepaticamente con un ragno che guida un esoscheletro robotico e se tutto ciò non vi sembrasse ancora abbastanza eccentrico abbiamo anche Spider-Ham, la versione umoristica, parodistica e porcellosa dell’uomo ragno che ha nelle trovate slapstick i suoi poteri.

Non vi spaventate, la carne al fuoco sembra tanta, ma la storia è ben condensata e sfoltita al punto giusto (nessun flashback troppo complicato per spiegare le origini dell’uno o dell’altro), l’obiettivo rimettere tutto al posto giusto, impedendo a Kingpin (e ad altri nemici classici ragneschi remiscelati anche loro) di combinare dei guai con un acceleratore protonico che ha causato lo scombussolamento dei piani dimensionali.

Il divertimento per i più piccoli è assicurato (ho visto con i miei occhi un nano al di sotto dei dieci anni urlare “VAI SPIDER-MAN!!!” nel corso di una sequenza d’azione), ma anche per quelli più cresciuti (a patto che abbiano ancora dentro un po’ del loro bimbo interiore, disposto a sospendere il raziocinio) il prodotto è ben al di sopra della sufficienza.

Tra l’altro, proprio perché esce nel periodo delle feste di Natale, è un’ottima occasione per portare al cinema anche figli/nipoti/cuginetti e altri giovani adulti. Il target del film è volutamente “onnivoro”, con una predilezione per i più piccoli – d’altronde serve sempre una “caramella drogata” alle giovani generazioni per coltivarsi una fan base che duri nel corso delle generazioni.

Altre due piccole note: numero uno, si tratta dell’ultimo film in cui “appare” Stan Lee, non in carne ed ossa, ma disegnato e in voce, sembra quasi destino che la sua scomparsa coincida con la pellicola che più si avvicina alla sua creazione originaria a fumetti, cioè qualcosa di “disegnato” benché animato. Numero due, se siete dei sinceri fanatici dell’Uomo Ragno assicuratevi di restare fino alla fine dei titoli, che ci siano degli indizi sul futuro alla fine dei film Marvel non è più una sorpresa, ma questa volta la sorpresa sarà doppia (quindi lasciate la sala quando è VERAMENTE finita la pellicola, proiezionista frettoloso permettendo).

 

Paolo Giannace