Trieste Film Festival: tutti i film della 28/a edizione

Torna dal 20 al 29 gennaio il Trieste Film Festival, primo e più importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro orientale, giunto quest’anno alla 28/a edizione, diretta da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo: nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987), il festival continua ad essere da quasi trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.

Ad aprire il festival sarà, venerdì 20 gennaio, l’anteprima fuori concorso di THE TEACHER, il nuovo film di Jan Hřebejk (autore candidato all’Oscar per il miglior film straniero nel 2000 con Divided We Fall), prossimamente in uscita nelle sale italiane distribuito da Satine Film. Un apologo, ispirato a una storia vera, venato di umorismo grottesco capace di trascendere ogni coordinata di regime politico (siamo a Bratislava, nella Cecoslovacchia del 1983 che inizia a sbirciare oltre la cortina di ferro e il Socialismo reale) attraverso una memorabile figura di insegnante soltanto all’apparenza mite e rassicurante. Un ruolo che è valso all’interprete Zuzana Mauréry il premio per la migliore attrice all’ultimo Festival di Karlovy Vary.

La chiusura sarà invece affidata all’ultimo film di Emir Kusturica, ON THE MILKY ROAD: una storia d’amore “bigger than life”, sullo sfondo di una non meglio precisata guerra civile (che non può non far pensare, però, al conflitto jugoslavo), interpretata dallo stesso Kusturica e da Monica Bellucci, nei panni di una misteriosa donna italiana. Un film che conferma il talento visivo dell’autore di Underground, un cineasta che come pochi altri ha saputo creare negli ultimi trent’anni un immaginario inconfondibile.

Nucleo centrale del programma si confermano i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari: a decretare i vincitori, ancora una volta, sarà il pubblico del festival. Dieci i film, tutti in anteprima italiana, che compongono il Concorso internazionale lungometraggi. Il “passato che non passa”, e un punto di vista al femminile, sono i fili rossi che uniscono le due produzioni provenienti dall’area della ex Jugoslavia: A GOOD WIFE (Dobra žena / Una brava moglie), esordio alla regia dell’attrice serba (qui anche protagonista) Mirjana Karanović, e ON THE OTHER SIDE (S one strane / Dall’altra parte) del croato Zrinko Ogresta (uscirà prossimamente nelle sale italiane con Cineclub Internazionale Distribuzione). Nel primo, ispirato a una storia vera, una donna di 50 anni, Milena, deve fare i conti con la scoperta di una pagina oscura della vita del marito, oggi imprenditore immobiliare ma ieri responsabile di un eccidio di civili; nel secondo, Vesna è una donna che lavora come infermiera a Zagabria, dove si è trasferita venti anni prima con il figlio e la figlia, dopo che il marito Žarko è stato condannato per crimini di guerra. L’emigrazione si affaccia quest’anno in una doppia veste: se il greco AMERIKA SQUARE (Plateia Amerikis / Piazza Amerika) di Yannis Sakaridis intreccia tre storie sullo sfondo di una città che – come spiega il regista – somiglia sempre di più a “una moderna Casablanca dove migliaia di persone aspettano un pezzo di carta, un passaporto falso o un posto su un camion, su una barca, su qualsiasi mezzo li trasporti nell’Ovest dell’Europa”, il rumeno BY THE RAILS (Dincolo de calea ferată / Lungo i binari) di Cătălin Mitulescu racconta il ritorno in patria di Adrian, che – partito un anno prima per lavorare in Italia e aiutare finanziariamente la famiglia – al rientro trova ad aspettarlo una moglie che stenta a ricambiare il suo affetto e un figlio cresciuto troppo in fretta. È – in parte – la storia di un ritorno a casa, e di due famiglie mai state troppo in sintonia, anche quella raccontata dall’ungherese IT’S NOT THE TIME OF MY LIFE (Ernelláék Farkaséknál / Non è il periodo migliore della mia vita), diretto e interpretato da Szabolcs Hajdu: un film a basso costo (girato a casa del regista, con una troupe di studenti dell’Università di Budapest e un cast artistico perlopiù di amici e parenti) che si è imposto come un vero e proprio “caso”, conquistando a Karlovy Vary il Grand Prix come miglior film e il premio per la migliore interpretazione maschile. Applaudito a Karlovy Vary (e premiato, per la migliore regia) anche lo sloveno NIGHTLIFE (Nočno življenje / Vita notturna) di Damjan Kozole, storia di un incidente che in un istante cambia la vita di una coppia benestante di Lubiana, costringendo una donna a confrontarsi con le proprie paure più profonde e a infrangere le leggi morali difese fino ad allora. La Bulgaria si presenta con i suoi autori più affermati, Kristina Grozeva e Petar Valchanov, che dopo il successo internazionale di The Lesson firmano con GLORY (Slava / Gloria), nelle sale italiane ad aprile 2017 distribuito da I Wonder Pictures, il ritratto di un Paese preda di una corruzione diffusa e di una impietosa disparità sociale. La Repubblica Ceca guarda ad uno sconvolgente episodio del proprio drammatico passato con I, OLGA HEPNAROVÁ (Já, Olga Hepnarová / Io, Olga Hepnarová) di Tomáš Weinreb e Petr Kazda, che ricostruisce il caso di Olga Hepnarova, una ragazza omosessuale di 22 anni che, rifiutata dalla famiglia e dalla società, il 10 luglio 1973 decide di “vendicarsi” abbattendosi con un camion su una fermata dell’autobus del centro di Praga e uccidendo otto persone. Due anni dopo sarà impiccata, ultima donna a essere condannata a morte in Cecoslovacchia. Un fatto di cronaca nera è alla base del polacco PLAYGROUND (Plac Zabaw / Parco giochi) di Bartosz M. Kowalski, che osserva una “ordinaria” esplosione di violenza adolescenziale in un pomeriggio noioso e solo apparentemente tranquillo. L’Italia e l’Austria, infine, con la coproduzione MISTER UNIVERSO di Tizza Covi e Rainer Frimmel: gli autori di La Pivellina continuano a perseguire un cinema soltanto all’apparenza immediato e semplice, frutto in realtà di un lavoro lungo e meditato. Ambientato nel mondo del circo, il film segue il viaggio attraverso l’Italia del giovane domatore di leoni Tairo alla ricerca di Arthur Robin, carismatico Mister Universo degli anni ’50. Prossimamente nelle sale con Tycoon Distribuzione.

Altri cinque, oltre ai citati The Teacher e On the Milky Road, i lungometraggi fuori concorso selezionati come Eventi Speciali di questa edizione: a cominciare dall’omaggio postumo a un autore, Andrzej Wajda, cui il Festival ha sempre guardato non soltanto con attenzione ma con autentica devozione. Il suo AFTERIMAGE (Powidoki), ritratto del grande pittore Władysław Strzemiński perseguitato dal regime per il suo rifiuto di scendere a compromessi con le dottrine del realismo socialista, è l’ultimo regalo di un gigante del cinema ma anche di uno straordinario testimone della storia europea del XX secolo. È un’autentica riscoperta, favorita dal restauro promosso dallo Slovenian Film Centre, quella di THE VALLEY OF PEACE (Dolina miru), uno dei classici del cinema sloveno del secondo dopoguerra: firmato dal futuro candidato all’Oscar France Štiglic, il film – una “favola bellica” ad altezza di bambino sulla fuga dalla guerra di due orfani, la tedesca Lotti e lo sloveno Marko, aiutati da un pilota americano di colore – fu presentato nel 1957 in concorso al Festival di Cannes, dove il protagonista John Kitzmiller (dimenticato interprete anche di tanto cinema italiano, da Vivere in pace di Luigi Zampa a Luci del varietà di Lattuada e Fellini) vinse il premio come miglior attore “sbaragliando” avversari del calibro di Gary Cooper e Max von Sydow.

E, a proposito di Cannes, uno speciale omaggio al suo protagonista Omero Antonutti (con la pubblicazione di un volume di Guido Botteri edito da Comunicarte Edizioni & TSFF) sarà l’occasione per celebrare a Trieste il quarantesimo anniversario della Palma d’oro a PADRE PADRONE di Paolo e Vittorio Taviani. Il Festival ospiterà, poi, la consegna di un premio di nuova istituzione, quello promosso dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) per segnalare il “Miglior film italiano dell’anno”. A vincere la prima edizione è FAI BEI SOGNI di Marco Bellocchio, protagonista il 28 gennaio di un incontro con il pubblico.

Confermata anche quest’anno la formula del Premio Corso Salani, che presenta quattro film italiani completati nel corso del 2016 e ancora in attesa di distribuzione: la dotazione del Premio (2mila euro) va intesa quindi come incentivo alla diffusione nelle sale del film vincitore. Immutato il profilo della selezione: opere indipendenti, non inquadrabili facilmente in generi o formati e per questo innovative, nello spirito del cinema di Salani. I titoli: UN ALTRO ME di Claudio Casazza, un anno con i detenuti per reati sessuali del Carcere di Bollate, quelli che nella subcultura carceraria sono “gli infami”, spesso separati da tutti e isolati dal resto dei detenuti; CHI MI HA INCONTRATO NON MI HA VISTO di Bruno Bigoni, irresistibile mockumentary sul ritrovamento di una misteriosa fotografia di Arthur Rimbaud, dalla quale potrebbero emergere conclusioni rivoluzionarie sulla vita e le opere del poeta; LA NATURA DELLE COSE di Laura Viezzoli, immersione emotiva e filosofica in quel prezioso periodo dell’esistenza che è il fine vita, attraverso un anno d’incontri e dialoghi tra l’autrice e il protagonista, malato terminale di Sla; e SETTE GIORNI di Rolando Colla, una storia di attrazione e desiderio che travolge un uomo e una donna – interpretati da Bruno Todeschini e Alessia Barela – che si incontrano per la prima volta su un’isola siciliana.

Da segnalare inoltre Born in Trieste, sezione del festival – aperta quindi al pubblico – dedicata ai film che proprio al When East Meets West hanno iniziato il loro (fortunato) percorso produttivo: in programma quest’anno ANIŞOARA di Ana-Felicia Scutelnicu, che segue l’ultimo anno di adolescenza – e il primo amore – di una ragazza moldava; A TWO WAY MIRROR della croata Katarina Zrinka Matijević, documentario poetico che in forma di meditazione evoca pensieri e lotte interiori dell’autrice; il georgiano SEE YOU IN CHECHNYA di Alexander Kvatashidze, storia di un aspirante fotografo di guerra nel Caucaso; il bulgaro THE BEAST IS STILL ALIVE di Mina Mileva e Vesela Kazakova, riflessione sul cuore della politica contemporanea europea.

La sigla del Trieste Film Festival 2017 è firmata da Fabio Bressan, designer e videomaker triestino, che si è ispirato all’immagine creata dall’artista austriaco Andreas Franke per la 28ma edizione, sulle musiche di Fleurie.