Una Questione Privata – Recensione

“Addio serenità della mente, addio gloriose battaglie. Devo sapere la verità. Meglio vivere ingannati senza saperlo. Che sapere a metà” (Shakespeare)

Cosa c’è di peggio che soffrire per amore? Struggersi per un amore finito o per un amore non corrisposto? L’impazzimento d’amore può essere il peggio. La ricerca della verità, la corsa disperata per arrivare in tempo a scoprire cosa realmente è accaduto, il terrore di non farcela e di restare per sempre in bilico tra il detto e il non detto. E’ questo il dramma che attraversa la storia di Milton (Luca Marinelli), il protagonista di “Una Questione Privata” di Paolo e Vittorio Taviani, presentato in anteprima alla 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma. La sceneggiatura è liberamente tratta dal dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio, pubblicato postumo nell’aprile del 1963. Come spiegano gli stessi Taviani, nelle note di regia, “nel nostro tempo ambiguo, tempo di guerra non guerreggiata” questa storia suggestiona e fa riflettere. Milton impazzisce d’amore e di gelosia perché “sa solo a metà e vuole sapere tutto”, in una corsa contro il tempo, ossessiva, personale, “privata” ma che tende a confondersi con il dramma dei suoi amici e compagni partigiani durante la Resistenza.

Così “Una Questione Privata” non è un film sulla guerra, non è un racconto della Resistenza e dell’Italia di quegli anni, ma la storia di un dramma privato, della corsa disperata di Milton, di un grande amore che sembra assolutamente fuori luogo e in contraddizione con quel tragico momento storico. Paolo e Vittorio Taviani raccontano la follia di Milton in maniera lineare e pulita, realizzando un film asciutto ed essenziale, che riesce a colpire ed emozionare attraverso i piccoli dettagli, senza mai risultare esagerato. Alternando i ricordi dal passato, dell’amicizia tra Milton, Fulvia e Giorgio, al presente nebbioso ed estremamente incerto e cupo, la rappresentazione della tragicità del momento è affidata non solo al contesto, alla guerra combattuta sulle montagne, ma soprattutto al disperato viaggio di Milton, alla ricerca dell’amico catturato, di un ostaggio da scambiare o di una fine alla sua agonia. E’ il volto di Luca Marinelli a rappresentare tutto l’amore sognato e raccontato nelle lettere, sulle note di “Over the rainbow”, e ora tradito. Nei suoi occhi accecati dalla gelosia rivivono le lunghe giornate trascorse a leggere e a ballare nella splendida villa di Fulvia, che man mano cedono il passo alla totale incertezza e alla rabbia incontrollata.

Nella corsa nella nebbia senza meta, nel destino cupo e incerto di tutti i protagonisti de film, si perde lo stesso spettatore, che fino alla fine resta in bilico, come la storia, per poi essere chiamato a trarre la sua morale e le sue conclusioni. I fratelli Taviani hanno fatto centro nello scegliere per il loro protagonista il volto di Luca Marinelli, che ancora una volta convince con un’interpretazione che è la colonna portante della pellicola, intensa e a tratti teatrale. Con lui, e grazie a una buona interpretazione, essenziale e delicata, del resto del cast, i Taviani raccontano “un dramma d’amore innocente e pur colpevole, perché nei giorni atroci della guerra civile il destino di ciascuno deve confondersi con il destino di tutti”.

 

Sonia Arpaia