Borg McEnroe – Recensione

Ha vinto il Premio del Pubblico della 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma e, molto prima di arrivare in sala, era già entrato nella lista delle pellicole più attese del 2018. E’ “Borg McEnroe”, il film di Janus Metz, che porta sul grande schermo una rivalità sportiva eccezionale, un match che ha cambiato la storia del tennis e dello sport.

Da una parte l’algido Bjorn Borg (Sverrir Gudnason), già all’apice della sua carriera sportiva, composto, preciso e a tratti maniacale, che prova a gestire fama e pressione mentre si avvicina il match della vita, la finale di Wimbledon che vale il suo quinto titolo consecutivo sull’erba londinese: un match che Bjorn può finire in un solo modo, con la vittoria. Dall’altra John McEnroe (Shia LaBeouf), irascibile, impulsivo e sanguigno, una “testa calda” in uno sport come il tennis che richiede disciplina, educazione e dedizione. Il giovane tennista statunitense arriva alla finale di Wimbledon dopo aver vinto, nel 1979, dieci tornei, tra cui quello di Dallas battendo in quattro set proprio Borg, e a Londra è pronto a spodestarlo.

In “Borg McEnroe” due protagonisti indiscussi del tennis mondiale vengono raccontati in maniera profonda, con acuti quasi epici quando sono in campo e frammenti umani e fragili nella loro vita privata. Tra tie-break e set point, il film scorre in maniera limpida e veloce. Metz riesce nell’impresa: da una parte trascina lo spettatore sul campo centrale di Wimbledon, dove la finzione del grande schermo lascia il passo alla cronaca pura dell’incontro, dall’altra descrive al meglio tutto quello che c’è dietro, entrando nella psicologia dei due “eroi”, con tutte le loro fragilità e i loro limiti. Se per il regista “Borg McEnroe è la versione ambientata nel mondo del tennis di Toro scatenato. Racconta di due ragazzi, entrambi in lotta per dimostrare di essere il migliore, per sentirsi importante, per essere qualcuno. Imprigionati nella loro rivalità – una delle più spettacolari nella storia dello sport – hanno finito col fare i conti con loro stessi e con i propri demoni”, a noi questo film ha ricordato più “Rush”, senza la spettacolarità che uno sport come la Formula 1 può regalare sul grande schermo, e senza la visione d’insieme chiara e precisa su quel mondo. In Borg McEnroe al centro di tutto c’è la sfida, in un primo tempo a distanza, poi sul campo, tra due opposti, due atleti agli antipodi, dentro e fuori dal campo, che pensano lo sport e gestiscono la pressione in maniera completamente diversa. Azzeccata, in questo senso, la scelta degli attori che, fisicamente e umanamente, impersonano al meglio le ansie, i timori e le debolezze dei due tennisti, dentro e fuori dal campo. Chi ama il tennis e chi ricorda quel match del luglio 1980 apprezzerà lo stile cronachistico, per nulla romanzato. Chi non ha mai visto un match per intero, balzerà sulla poltroncina, perché tutto quello che trova normalmente noioso gli provocherà il batticuore, fino all’ultimo set point.

 

Sonia Arpaia