Dogman – Recensione

Marcello (Marcello Fonte) è Dogman, un uomo piccolo e gentile, con un amore viscerale per i cani e per sua figlia Alida (Alida Baldari Calabria), con la quale condivide la passione per le immersioni e sogna vacanze nei paradisi tropicali. Nel suo modesto salone di toelettatura, Dogman appunto, Marcello trascorre le sue giornate a curare e coccolare i suoi cani, tra pranzi in trattoria e partite di calcetto con gli altri negozianti del quartiere, che per lui sono come una famiglia. Marcello però è anche molto debole e insicuro: Simone (Edoardo Pesce) – ex pugile violento e senza freni che terrorizza il quartiere – se ne approfitta, minacciandolo e ottenendo da lui cocaina gratis, complicità in un furto e addirittura le chiavi del suo negozio, per svaligiare il compro oro del suo vicino. Dopo l’ennesima violenza, che lo emargina persino dai suoi amici, Marcello decide di reagire.

Con “Dogman”, Matteo Garrone ritorna in concorso al Festival di Cannes (dove ha giù vinto il Grand Prix della Giuria per “Gomorra” e “Reality”) e ci riporta nelle atmosfere cupe del suo primo grande successo, “L’imbalsamatore”. “Dogman” è girato proprio negli stessi luoghi, quel Villaggio Coppola che fa da scenografia anche a “Gomorra”, la cui scala di grigi viene sapientemente fotografata dal danese Nikolaj Bruel. Anche se la pellicola si ispira liberamente a un fatto di cronaca nera accaduto trent’anni fa – il delitto del canaro della Magliana, che nel 1988 uccise il pugile dilettante Giancarlo Ricci, seviziandone brutalmente il cadavere – il regista non vuole in alcun modo ricostruire i fatti come si dice che siano avvenuti. “Dogman” è invece un ritratto viscerale del protagonista (un bravissimo Marcello Fonte) che cerca di ritrovare la dignità e di riscattarsi da una vita di umiliazioni, provando ad ammansire il suo aguzzino proprio come farebbe con un cane feroce. Qualcosa però va storto e anche Marcello mostra la bestialità di cui è capace, anche se in nome della libertà e della giustizia, pure per quegli amici che gli avevano voltato le spalle dopo il suo tradimento. In fondo, Marcello vuole solo essere amato, quasi come un cucciolo, un cagnolino fedele che torna sempre dal padrone, anche se riceve solo bastonate (mentre Simone è il cane rabbioso che un giorno dovrà essere abbattuto). Le musiche sono praticamente assenti, sostituite dal rumore delle onde e della pioggia che scorre incessante: Garrone si concentra invece sui volti dei protagonisti. È perfetta la scelta del cast, passando dai più “loschi” – il compro oro (Adamo Dionisi) e il gestore della sala slot (Francesco Acquaroli) – fino al piccolo raggio di sole che emana lo sguardo luminoso di Alida Baldari Calabria.

Monica Scillia