First Man – Recensione
Inquietanti rumori di ferraglia che cigola, una serie infinita di errori e incidenti (anche mortali), una tecnologia così vintage a cui si fa quasi fatica credere (vedi i cronografi che gli astronauti portavano al polso), l’orgoglio americano e la voglia di superare i sovietici nella lotta alla conquista della luna. Tutto questo è “First Man” – adattamento della biografia ufficiale “First Man: The Life of Neil A. Armstrong”, sceneggiato da Josh Singer – il ritratto introspettivo dell’anti-eroe Neil Armstrong, il primo astronauta a mettere piede sulla luna che, dopo l’apertura della 75esima Mostra del cinema di Venezia, arriva in sala dal 31 ottobre con Universal Pictures. Diretto da Damien Chazelle (vincitore di sei Oscar per “La La Land”) e con Ryan Gosling e Claire Foy, “First Man” racconta la storia piena di ostacoli della missione Nasa, seguendo la vita di Neil Armstrong 1961 al 1969.
Chazelle scava a fondo nella figura dell’astronauta, attraverso primi piani mossi e sfocati che mostrano la fredda passione di Armstrong. Gosling è bravo a interpretare questo ritratto intimista dell’ingegnere, un uomo che sembra non avere debolezze, nonostante abbia incassato un colpo dopo l’altro. «Ho avuto tanto aiuto dai figli di Armstrong e dalla moglie e ho parlato con tante persone che lo conoscevano. Ho scoperto che era umile e introverso e così ho cercato di rispettare il più possibile il suo carattere», ha raccontato Ryan Gosling. «Più che un eroe americano, Armstrong resta un eroe dell’umanità, una persona umile che al ritorno dalla Luna ha con grande generosità spostato l’attenzione dei media da se stesso alle 400 persone, tecnici e scienziati, che hanno permesso la sua impresa e di cui era solo la punta dell’iceberg».
Chazelle piazza gli spettatori direttamente dentro le cabine di pilotaggio, per avere un’idea di com’era per Armstrong e i suoi colleghi rischiare la vita per portare l’America alla conquista della luna: sono diverse le scene in cui si sente quasi il bisogno di legarsi alla sedia, mentre le viti si tendono contro lo scafo e la claustrofobia prende il sopravvento. Ogni dettaglio, dalla corrosione di una vite alla condensa su un oblò, sembra molto più reale e la tensione e il pericolo sono palpabili. Nonostante la storia di Neil Armstrong sia arcinota, “First Man”, attraverso una cinematografia brillante, il montaggio e il missaggio del suono, è un’esperienza viscerale.
Monica Scillia