Io sono Tempesta – Recensione

“Io sono Tempesta”, di nome e di fatto: Numa Tempesta (Marco Giallini) è uno spregiudicato uomo d’affari che è partito dal basso, ma ora gestisce un fondo da un miliardo e mezzo di euro. Nonostante il successo nel mondo del lavoro, vive da solo nel suo immenso hotel deserto, pieno di letti in cui lui non riesce a chiudere occhio, circondato da falsi amici ed escort con le quali vuole solo fare conversazione e alle prese con un difficile rapporto con il padre. La sua vita cambia radicalmente a causa di una vecchia condanna per evasione fiscale, che lo costringerà a scontare un anno di pena ai servizi sociali in un centro di accoglienza per i senzatetto. Qui conosce Bruno (Elio Germano), un giovane padre che frequenta il centro con il figlio Nicola (Francesco Gheghi) dopo essere stato lasciato dalla moglie e aver perso il lavoro.

“Io sono Tempesta”: buoni vs. cattivi

Sulla carta, “Io sono Tempesta” sembra la solita commedia di buoni sentimenti, in cui il ricco e arido protagonista – un Marco Giallini più “figlio di puttana” che mai – impara che il denaro non è tutto e che aiutare il prossimo rende felici. E invece, la tragicommedia di Daniele Luchetti prende una strada diversa, che dimostra cinicamente come i soldi facciano ritrovare la vista ai ciechi, anzi… fanno scattare in piedi i vecchietti sulla sedia a rotelle. Il personaggio di Numa Tempesta è cucito addosso a Marco Giallini: è una faccia da bronzo che colleziona reati – dalla corruzione alla bancarotta fraudolenta – ed è così politicamente scorretto da risultare simpatico. Convince anche Elio Germano, alla sua terza collaborazione con il regista Daniele Luchetti, nei panni di un figlio del popolo, sbruffone e coatto, ma furbo e dal cuore grande, che si arrangia per non far mancare nulla a suo figlio, un bravissimo e sorprendente Francesco Gherghi. Peccato però che i personaggi dei senzatetto (interpretati anche da attori non professionisti, scelti dalla strada) non siano abbastanza sfaccettati e che la pellicola scivoli su alcuni clichè, come quello della matura e battagliera assistente sociale che gestisce il centro (Eleonora Danco), che odia chi usa scorciatoie o scende a compromessi, e quello delle giovani escort studentesse di psicologia che dispensano citazioni alla Osho.

 

 

ATTENZIONE SPOILER! E peccato pure per l’happy end: avremmo preferito lasciare Numa in galera da solo, ancora più cinico e figlio di puttana.

Monica Scillia