La profezia dell’armadillo – Recensione

Si partiva con le peggiori e più feroci intenzioni per “La Profezia dell’Armadillo”, e invece no. Il film tratto dal primo fumetto di Zerocalcare è un’altra cosa (e grazie, graziella e come dice lo stesso autore), ma nel suo essere altra cosa porta a casa il risultato, far passare un paio d’ore in spensieratezza.

Gioca contro l’affetto che molti hanno per questo fumetto e per il suo autore un affetto particolare, e ha giocato parecchio contro anche il primo trailer uscito che ha spiazzato e di molto proprio i fan (scioccati sia dalla “cattiveria” di Simone Liberati, che dall’ambientazione passata troppo in fretta come “pare na fiction di Rai Uno”). Molto probabilmente le critiche più severe arriveranno proprio dai fani più sfegatati, magari per tutelare i “punti militanza” (cit.).

E invece dicevo: il film ha una sua leggerezza, è ben costruito, ha un respiro profondo. Gli sceneggiatori hanno pescato oltre che dall’Armadillo anche dal blog – un tempo – settimanale di Zerocalcare, evitando l’effetto “serie infinita di gag slegate da un contesto” tipico di altri prodotti pescati da altri media e buttati nel mare del cinema. La profezia nuota in maniera composta, merito anche dei protagonisti: Liberati/Zero insieme al compare Castellitto/Secco riescono a farci stare dalla loro parte, senza scadere in un effetto “Scialla”. Forse troppo ridotta la presenza in scena di un Aprea/Armadillo in armatura di gommapiuma (o forse una presenza eccessiva avrebbe trasformato il film in una filiale del Muppet Show?). Adeguata anche la scelta di comprimari in ruoli cameo che non appesantiscono la storia (da Laura Morante/Mamma/Lady Cocca, a Panatta nel ruolo di Panatta, a Kasja Smutniak nel ruolo dell’operatrice ecologica).

Non è – e non poteva esserlo – un film “militante”, le limature verso temi più masticabili dalla più larga fetta di pubblico sono comprensibili, anche se i rimandi alle sottoculture e al mondo antagonista romano sono diversi (in questo caso li cogli solo se ne hai traccia sulla pelle): da un tè al Forte Prenestino (in uno spazio che però non è la sala da tè), ai manifesti (con i magnifici lavori di Cristiano Rea presenti sia in casa dello Zero adolescente che in quello di oggi).

Per “punti militanza” si salvano e di parecchio proprio i dialoghi con l’Armadillo (in uno si fa accenno all’importanza consciousness) e le scene con le ripetizioni al piccolo Blanka, dove le lezioni sono una scusa per tramandare un approccio etico – con i rimandi pop tipici anche nel fumetto – che si ispira ai cavalieri Jedi, alla filosofia delle banlieu presente in “L’Odio/La Haine”, alla differenza abissale tra quello che è legale e quello che è giusto. Altra chicca è il tormentone “inseguimento con le guardie forestali”, con digressione animata – e risalente a Genova 2001 – a ridosso dei titoli di coda.

Meno graditi (qui si entra nel personale) i flashback nell’adolescenza di Zero e i momenti troppo Tapparella/Tempo delle mele, ma comunque in qualche modo andavano messi. Altra piccola nota stonata – è il caso di dirlo, ma anche qui i gusti son gusti – la scelta della colonna sonora, l’unico sussulto è “Coma girl” di Joe Strummer and the Mescaleros nelle scene iniziali. In sostanza: il gradimento di questo film potrebbe essere inversamente proporzionale a quanto vi ritenete “fan” di Zerocalcare, questo però vale in maniera più marcata se al posto del senso critico avete una “scimmia terminatrice dell’internet” (citando il blog del Doc Manhattan). Altrimenti godetevelo.

Ps:
Se poi avete voglia di approfondire cosa sia stato Zerocalcare, anche prima di diventare “quello dei disegnetti”, mettete in agenda che a novembre al Maxxi di Roma ci sarà una mostra con “tutta la produzione più recente, blog libri armadilli e tricchettracche, però anche un sacco di altre cose mai viste dal pubblico fuori dalla nostra riserva indiana, comprese locandine di concerti, poster, copertine di fanzine e altro”.

 

Paolo Giannace